Mi sono sparata tutta la serie Netflix Apple Cider Vinegar, nella quale si racconta la storia (vera) di Belle Gibson, che tra il 2013 e il 2015 è diventata famosa in Australia, e non solo, attraverso la creazione di un’app di ricette, e soprattutto per le sue dichiarazioni. Gibson affermava infatti di aver avuto un cancro al cervello, al sangue, alla milza, all’utero, al fegato e ai reni e di essersi curata tramite pratiche discutibili. Affermava altresì di aver aiutato e di poter aiutare varie persone tramite ingenti donazioni, ma, come scopriranno poi alcuni giornalisti di The Age, non c’è mai stata traccia di bonifici da parte sua.

Ho pensato di condividere alcune delle considerazioni che ho fatto durante e dopo la visione della serie (che per inciso ho apprezzato molto, come si vedrà alla fine), anche se mi sembra che ognuna di queste potrebbe essere allargata ed approfondita all’infinito. Sto cercando di seguire un nuovo (per me) mantra secondo cui fatto è meglio di perfetto, quindi prendete questo post, fatto, come viene, e se vorrete aggiungere qualcosa la sezione commenti e la mia mail sono lì apposta. Mi renderà felice sapere le vostre considerazioni in merito. Cominciamo.
I Medici, La Sanità, La Scienza: tre post-it.
Chiamate un dottore
Nella serie i medici vengono rappresentati o come simil automi, totalmente incapaci di empatia, o come cinici molto indaffarati, non in grado di trovare tempo per i pazienti se non quello, brevissimo, per prescrivere terapie farmacologiche. L’unico medico disposto all’ascolto è quello che userà un macchinario che si trasforma in un razzo missile con circuiti ultratecnologici per diagnosticare, dopo trenta secondi, una cirrosi, da curare con una cintura magica da 10.000 dollari che Prada spostati.
Fuori dalla serie, nella nostra vita vera, gli incontri con i medici ci possono andare bene o male. Lontano dalle illusioni secondo le quali i medici siano totalmente Dei detentori di assoluta verità oppure, viceversa, totalmente schiavi del sistema farmaceutico, dei rettiliani o di dio sa cosa, esiste un piano di realtà che vede i medici ed infermieri per quello che sono: persone. Ci potrà quindi capitare di incontrare medici o infermieri preparatissimi e stronzi, preparatissimi e cicciopucciosi, impreparati e basta, luminari avanti anni luce, medici stanchi, medici troppo vecchi o troppo giovani (qualsiasi cosa voglia dire), e via discorrendo fino a dove le vostre esperienze e ricordi di racconti altrui percepiscano.
Il Sistema (o anche Il sisteeemaaaahh):
In Italia si sta progressivamente andando verso la privatizzazione del sistema sanitario, mentre in altri paesi è sempre stato, o quasi, prevalentemente privato. Come nella leggenda della rana bollita, che bolle poco a poco, i cambiamenti avvengono così placidamente che quasi non ce ne si accorge, fino a quando non si ha bisogno di prenotare un banale esame e ci si rende conto che da nessuna parte in tutta la regione è disponibile, ora e mai.
Mentre influencer italiani strapagati propongono ADV per esami di screening presso strutture private, paventando anche il messaggio che sia necessario per tutti i loro follower, a tappeto, svolgerli – e se non spendi 2.500 euro per quell’esame sei anche un po’ stronzo – le strutture pubbliche si trovano generalmente in situazione di estrema sofferenza senza che questo abbia risonanza.
A sbaragliare ulteriormente le carte si aggiungono i populismi di ogni genere (citofonare a Robert F. Kennedy Jr. per info), che alla ricerca di voti e facili adepti passano il tempo a proporre pseudoverità semplificate e facilmente masticabili da tutti.
Scriveva Mark Fisher:
“(…) il neoliberismo ha cercato di eliminare la stessa categoria di principio, di valore nel senso etico della parola (…) ha imposto con successo una specie di ‘ontologia imprenditoriale’ per la quale è semplicemente ovvio che tutto, dalla sanità all’educazione, andrebbe gestito come un’azienda. Come ricordato da tanti teorici radicali – siano essi Brecht, Foucault o Badiou – ogni politica di emancipazione deve puntare a distruggere l’apparenza dell’ordine naturale, deve rivelare che ciò che viene presentato come necessario e inevitabile altro non è che una contingenza.”

Fine del secondo post-it, lasciamolo qui appeso ancora un attimo
La Scienza
Ad un certo punto della serie il personaggio di Jessica Ainscough avrà a dire a sua madre:
“So quanti sacrifici avete fatto per me, so che avete dato priorità alla mia istruzione sopra ogni cosa, ma non l’avete fatto affinché io potessi prendere le mie decisioni. Sai, posso fare ricerche, leggere articoli scientifici e capirli, e non ho intenzione di morire o morire senza provarci perché lui (cfr il padre) non capisce la scienza”.
Jessica Ainscough è una delle protagoniste della serie, è anche lei realmente esistita, e bisogna che ne parliamo un po’ prima di andare avanti. Ainscough era una giovane giornalista australiana, alla quale fu diagnosticato un tumore all’età di 23 anni. Dopo un primo trattamento chemioterapico, il tumore si ripresentò e Ainscough decise di non sottoporsi ad ulteriori cure, ma di seguire la terapia Gerson, a base di una dieta vegetale e clisteri di caffè. Intanto il suo blog “The Wellness Warrior”, in cui documentava la sua vita e condivideva consigli, diventò punto di riferimento per moltissime persone. Jessica Ainscough morirà all’età di 30 anni, dopo essere tornata, ormai purtroppo troppo tardi, alla cura radioterapica “tradizionale”.
Che cosa ci sta dicendo, nella serie, quando ci dice che lei sa leggere gli articoli scientifici, e che lui, suo padre, non capisce ciò di cui si sta parlando? E cosa ci dice su ciò che pensiamo di sapere su un tema che ci riguarda così da vicino? Che cosa ci dice della scienza di sé stessa? Questa macromateria che comprende tutto ciò che ci riguarda, così bistrattata quando va contro le nostre convinzioni, e così utile quando ci permette di accendere una luce, prendere un aereo, scrivere dal nostro computer, sapere perché una folla si comporta in una determinata maniera, abitare un palazzo senza paura che ci collassi addosso perché costruito a modino. Tutte le materie scientifiche condividono lo stesso metodo: osservare, ipotizzare, sperimentare, raccogliere e mettere a sistema. Studiare quanto è stato detto e scritto prima, mettere a confronto, lasciare che siano altri a valutare, tramite un metodo, se quanto sperimentato sia valido. Necessitano di tempo per essere verificate, prendono da quanto fatto fino a quel momento e, un domani, saranno ampliate, completate, a volte confutate da nuovi studi e nuove persone che, tramite lo stesso metodo, aggiungeranno una pietruzza nella strada lastricata tracciata da quando Aristotele se ne andava in giro classificando questo e quello e ponendo le prime mattonelle sul selciato per ciò che sarebbe venuto dopo. Lasciamo anche questo terzo post-it appeso ed aperto
Le Termiti

Ad un certo punto, Jessica scoprirà che anche sua madre ha ricevuto una diagnosi di tumore. Deciderà di seguire il percorso già tracciato da sua figlia e rifiutare le cure tradizionali a favore del metodo Gerson, perché “Che madre sarei altrimenti?”
Quando il padre viene a conoscenza di questa decisione, fatica a trattenere lo sconforto, ma cerca di resistere. Sbotterà solo nei confronti del genero hippie. Infatti, nella conversazione durante la quale emerge il fatto che la signora Ainscough ha rifiutato l’intervento e inizierà a curarsi bevendo solo succhi di frutta, vedendo che il clima inizia a farsi teso, il genero dice: “Io credo che dovremmo prenderci un minuto e riassestarci.” E il padre di Jessica risponde, riferendosi apparentemente solo alla staccionata che il genero si vantava di aver ristrutturato
“Voglio chiederti una cosa, Arlo, sei un idiota? Prima si tratta il legno, e poi si dipinge. Non si dipinge sopra le termiti.”
È la scena che mi ha colpito di più, di tutta la serie, perché penso centri esattamente il punto e la madre di tutti i punti quando si parla di metodi olistici. Durante il mio primo anno di apertura dello studio shiatsu ho ricevuto richieste che mai mi sarei aspettata quando ho iniziato. La maggior parte sono riuscita ad intercettarle durante il primo contatto telefonico, dove ho potuto spiegare che lo shiatsu non può curare ossa rotte, cardiopatie conclamate e una serie di altre cose che non elencherò. In altri casi, ho capito purtroppo solo durante la prima seduta, ascoltando quanto i clienti portavano, che stavano riponendo in me richieste alle quali non potevo rispondere. Perché accade? A volte lo sconforto di trovarsi le porte del sistema sanitario sbattute in faccia, altre volte probabilmente un senso di smarrimento, non sapendo a quale professionista sia corretto rivolgersi. Ma non si dipinge sopra le termiti. E allora dobbiamo dilungarci, ancora un poco.
Il metodo “occidentale” ed il metodo “orientale” che noi occidentali tendiamo spesso ad identificare quasi sinonimo del termine “olistico” di cura affondano radici su terreni differenti.
Per farla breve potremmo dire che andando indietro nel tempo la cultura occidentale ha sempre cercato di smontare le cose per vedere come erano fatte dentro, mentre quello orientale (mi riferisco in questo caso principalmente alla medicina cinese ma nel grosso calderone di orientale ci mettiamo per ora dentro tutto, poi un giorno se ne riparlerà) si basa sull’equlibrio degli opposti, e sull’idea che esista un flusso vitale (il Qi) che attraversa ogni corpo. Partendo da questi presupposti si può giungere a conclusioni molto diverse. Da una parte la medicina che noi conosciamo, sempre più ipersettorializzata. Dall’altra parte abbiamo un approccio che si concentra sulle condizioni di una persona nel suo insieme, e non su un pezzettino alla volta, e che punta non tanto a curare i sintomi quando si presentano ma a precederli, mantenendo l’equilibrio del corpo e della mente, e soprattutto prendendo in considerazione l’elemento dell’energia vitale, concetto più legato alla filosofia e spiritualità, impossibile da misurare scientificamente.
Per come la vedo io possiamo immaginare un condominio con al primo piano piano la medicina occidentale, al secondo piano la medicina orientale (o olistica) e al terzo piano, la privatizzazione alle cure. Nel terzo piano nessuno ha davvero interesse a prevenire: la malattia è monetizzabile e monetizzata. Questo terzo piano viene ripreso dai complottismi di sorta per screditare il primo, ma si tratta di un errore. La medicina occidentale, con la sua storia, con i suoi progressi esiste nonostante il terzo piano. Esiste perchè basata su un metodo, esiste perchè ne esistono gli studi ed i risultati. Può essere stata intaccata a volte dagli interessi del terzo piano, o essere suscettibile di errori? Sicuramente, ma non può essere questo il punto che ci porta a screditarla o ridicolizzarla. La scienza prosegue con i suoi risultati e nessuno si sognerebbe, una volta realmente compresi, di tornare indietro rispetti i progressi fatti. Il primo piano ci prova, a paventare un’idea di prevenzione, il terzo piano lo schiaccia. E il secondo piano?
Ma allora i metodi olistici a cosa servono? E lo shiatsu a cosa serve? Serve?

Per quanto mi riguarda lo shiatsu è la vernice, se esistono termiti devono essere già state debellate prima di passarci sopra il pennello. Questo è quanto mi è stato insegnato, ed è ciò che cerco di portare avanti nel mio lavoro. Lo Shiatsu non cura malattie per cui serve aprire per capire di cosa si tratta, non si sostiutisce ai medici o agli psicologi, o ai fisioterapisti. Non riduciamo fratture, non operiamo cuori, non curiamo gli attacchi di panico, non facciamo riabilitazione.
Mai.
Chiunque vi dica il contrario proponendovi lo shiatsu o qualsiasi altra disciplina olistica vi sta mentendo e penso sappia anche di mentirvi, e in un certo qual modo lo spero, perchè se manco lo sapesse forse potrebbe fare addirittura più danni di quanto già non faccia così.
Ma, nel suo meraviglioso saggio “Un altro giro di giostra” Terzani scrive:
“Guardare la realtà solo attraverso la lente della scienza è fare come l’ubriaco di Mullah Nasruddin, il mistico, mitico protagonista di tante belle, ironiche storie, originariamente mediorientali, ma ormai entrate a far parte della cultura popolare asiatica. L’uomo, dopo aver passato la serata a bere con gli amici, si accorge rientrando di aver perso la chiave di casa e si mette a cercarla nel fascio di luce dell’unico lampione lungo la strada. «Perché proprio lì?» gli chiede un passante. «Perché è l’unico posto in cui riesco a vedere qualcosa», risponde l’ubriaco.”
Io penso che ci siano altre cose scopribili e conoscibili, per ognuno di noi, fuori dal raggio di luce della scienza, su un piano che probabilmente non sarà mai misurabile e riproducibile, ma che può avere comunque molta importanza nelle nostre vite. Posto che lo Shiatsu prende spunto da diverse tecniche di massaggio, e quindi prevede tutto ciò che ci immaginiamo da un massaggio (stiramenti, rotazioni, l’alleviare da rigidità e contratture, rilascio delle tensioni muscolari ecc.) ad aggiungersi è il blocchetto legato al concetto di energia vitale, e alla percezione dei 12 meridiani per orientare e guidare il trattamento. Non è una roba che bisogna per forza crederci, e non è una roba che se ci credi bisogna per forza avvertire qualcosa. Penso che dovremmo intenderlo al pari di altre pratiche, che attraverso il passare del tempo e allenamento migliorano la nostra sensibilità riguardo al sentir-ci.
La narrazione di Sé
Quali sono le modalità corrette per far conoscere il proprio lavoro tramite i social? Io non lo so, e se qualcuno è arrivato fino a qui avrà capito che non li ho mai presi in considerazione in quanto non io piaccio alla sintesi, e lei non mi sceglie mai. Belle Gibson aveva deciso di usare i social (in particolare il neonato instagram) per raccontare un sacco di palle.

Uno degli aspetti più indagati dalla serie è l’autonarrazione che Belle fa di sé, e a volte pure a sé. Belle vuole tante cose, tutte belle: vuole essere amata e riconosciuta, vuole essere seguita. Per far sì che ciò accada, inizia a raccontare stronzate a tutto spiano. Belle se ne strasbatte se qualcuno può tirare le cuoia perché sta curandosi un tumore solo con le sue ricette instagrammabili. E’ un personaggio esasperante ed esasperato. Nel mondo ci sono tante Belle.
“Il capitalismo delle informazioni rappresenta una forma acuta di capitalismo. Al contrario del capitalismo industriale, esso trasforma in merce l’immateriale. Anche la vita assume i contorni di una merce. Tutte le relazioni umane vengono commercializzate. (…) I prodotti vengono arricchiti di microstorie”
Così scrive Han nel suo saggio Le non cose, mentre ci spiega come siamo più o meno tutti maniacabilmente dipendenti dal nostro smartphone. Belle arriva ad usare Instagram nel momento in cui Instagram sta per esplodere, e lo usa per proporre uno schema che da quel momento in poi vedremo e rivedermo e stiamo rivedendo ancora all’infinito. L’immagine di una persona bella, esteticamente perfetta, che ha apparentemente una vita da sogno nella casa di Barbie, con un cane come quello di Barbie e…e poi è sempre tutto così bianco, cazzo. Scusate, dicevo. Immagini di cibo SANO. Tutto dev’essere sano, quello che si mangia, che si beve, i mille sport che si praticano, le relazioni umane che si fotografano. Tutto trasmette un senso di perfezione, e pure di vuoto pneumatico.

Non per essere cerchiobottista, anzi, vorrei che fosse proprio un punto, bisogna aggiungere che ci sono professionisti che sui social ci sanno stare e ci sanno stare molto bene. Io stessa attraverso i social ho potuto contattare personale sanitario che si occupava proprio di ciò che serviva a me, e che altrimenti avrei raggiunto probabilmente mai e poi mai. Sui social ci sono professionisti sanitari e anche operatori olistici che riescono a comunicare sensatamente quello che fanno, senza ipersemplificarlo o mistificarlo. Alcuni di loro li conosco personalmente, sono persone che hanno studiato con me, e hanno scelto di provare ad utilizzare i social per condividere quello che fanno, che è la nostra passione. Non promettono niente che non sia vero. Io credo che un buon parametro per distinguere tra loro e i fuffaguru sia chiedersi se ci stanno proponendo di comprare un pezzo del loro stile di vita plastificato oppure stanno condividendo una parte del loro lavoro, usando le piattaforme per farsi conoscere a più persone ma mantenendosi coerenti ed evitando di utilizzare il giochino di far sentire chi li guarda non adeguato.
Raccolta, credo, dei post-it che ho sparso
Penso che la serie sia fatta bene, chiara senza essere didascalica, ricchissima di spunti, che gli attori siano straordinari e penso anche che viviamo in un momento di grandi ed estreme polarizzazioni, e questo spesso sfocia anche nel modo in cui ci curiamo o pensiamo di curarci. Credo che siamo spesso bombardati da informazioni che ci fanno preoccupare o sentire in colpa, e che la prevenzione sia inscindibile dal discorso economico. In Italia la povertà alimentare è in crescita, e i numeri sono allarmanti. Significa che nel nostro paese mentre qualcuno ha la possibilità di scegliere qual è la cosa più sana che può mangiare oggi qualcuno si chiede se mangerà, e il discorso sulla prevenzione tramite l’alimentazione salta, così come molti altri. Che non sopporto più di vedere influencer farsi gli ADV mentre si fanno visitare, sentire dell’ennesimo caso di aggressione al personale sanitario negli ospedali pubblici, non riuscire a prenotare delle visite. La salute è un tema collettivo, e non può essere lasciato in mano alle aziende private e/o (perchè, incredibilmente a volte le cose coincidono) a chi pensa, no anzi sa, che il morbillo non esiste finchè non gli arriva in faccia.
Penso che dovremmo tutti fare uno sforzo enorme, e tentare di approcciare le complessità che ci circondano con la mente aperta ed accesa. Ritengo che lo Shiatsu, per come mi è stato insegnato e per come cerco di metterlo in pratica, possa essere una via per cercare di tenere un po’ di queste complessità insieme: capace di creare piccole comunità, di offrire un’integrazione e un aiuto a chi sente di averne bisogno, lasciare la porta aperta ad un’esperienza che non vuole sostituirsi a niente se non all’ascolto di come stiamo dentro i nostri corpi.